Piccoli osservatori crescono /2

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La costruzione del nostro osservatorio finalmente procede un po’ più spedita.

La settimana scorsa abbiamo posizionato con successo la struttura in ferro che reggerà la cupola, ora la struttura andava murata.
Ma dietro al lavoro c’è sempre una lunga fase preparatoria!

Inizio il solito giro di telefonate per avere consigli su che e quanto materiale acquistare, gli strumenti ed attrezzi necessari e per raccogliere la indispensabile forza lavoro!
Per non farmi mancare niente, faccio anche un salto in osservatorio una sera per misurare l’altezza dei blocchi necessari a sollevare la struttura quel tanto che basta da poterci passare sotto per montare i pannelli in legno.

Col solito prezioso aiuto di Enzo trovo chi mi fornirà il materiale per fare le gettate, Bitozzi, compresa una piccola betoniera per velocizzare e semplificare il lavoro.
Scopro che già sabato, sfruttando il meteo favorevole, possiamo fare tutto: tentiamo!

Ho anche l’aiuto di Alessandro che, col trattore, ci offrirà qualche viaggio per spostare sabbia, ghiaia e cemento dall’ingresso del terreno allo spiazzo della cupola: un sacco di faticaccia in meno!

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Venerdì pomeriggio appuntamento col camion che scaricherà il materiale davanti all’osservatorio ma, proprio quando mancano 15 minuti all’arrivo, mi chiamano dicendo che la betoniera che volevo noleggiare è rotta e non funziona!
Come, rotta??
Eh sì, rotta!

Trovare un elettricista disposto a ripararla venerdì sera alle 16:30 circa sembra un’impresa disperata, che fare? Ormai è tutto pronto ma, al tempo stesso, non voglio prendere tutto quel materiale col rischio che il primo acquazzone porti via tutto.
Di impastare tutto a mano onestamente non se ne parla, troppa fatica e troppo tempo!
Così chiedo ad Enzo se conosceva qualcuno che poteva prestarci o noleggiarci una betoniera e lui, nel suo ruolo di Deus ex machina, risolve il problema prestandomi la sua!

Riesco anche a combinare col camion del Bitozzi che, di passaggio, caricherà la betoniera per portarla al terreno.

Via, primo ostacolo schivato!

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Nel frattempo scopro che una misteriosa epidemia sta falcidiando gli astrofili: Giovanni e Pino, inizialmente disponibili, mi chiamano per dire che sono a casa ammalati!
4 braccia esperte in meno, non che sia esattamente di buon auspicio!

Sabato mattina arriviamo con armi (si fa per dire) e bagagli, siamo un bel gruppetto: Io, Alessandro, Andrea, Nicola, Davide, Piero ed Antonio.
La mattina il paesaggio è magnifico, la valle sottostante è interamente ricoperta di nuvole.

Come dice Alessandro, sembra di stare in aereo!

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Piero saluta e mi dice: guarda, ho passato una nottataccia, ho le ossa rotte a causa di un po’ di raffreddore!
E meno male che stavi male, ripenso alla fine, considerando il lavoro che hai fatto!

Iniziamo le operazioni di carico del materiale sul trattore, riusciamo a fare 4 viaggi che non ci consentono di spostare tutto ma, almeno di avere il materiale necessario per i 4 plinti.
Recuperiamo anche un po’ d’acqua, un po’…100 litri, a secchiate visto che il tubo per raccoglierla è rotto!

Sollevare e mettere in bolla la struttura è rapido e veloce, merito dell’ottimo lavoro fatto da chi ha spianato il terreno.
Iniziamo a fare il primo cassero per la colonna e compare Enzo che, con la sua solita energia, sferza i presenti ad essere più veloci e coordinati!

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Avevo fatto due conti, ovviamente: ogni betoniera avrebbe dovuto riempire un cassero.
Invece svuotiamo la prima e scopriamo che non basta!
Momenti di panico, riusciremo a finire tutto col materiale che abbiamo??

In realtà, come scopriremo poi, a causa dell’inesperienza nella prima non avevamo semplicemente messo tutta la terra e sabbia necessaria a riempire la prima betoniera (sembra facile ed invece non lo è: in determinate posizioni del cilindro, un centimetro in meno rispetto all’orlo equivale a parecchie palate di sabbia e ghiaia in più!).

Il lavoro sembra procedere velocemente ma, sul più bello, si sente uno scoppio: la ruota della carriola!
Fortunatamente, mi viene da pensare, perché la sua presenza non è ormai indispensabile!

Così riempiamo i restanti tre casseri con l’aiuto della caldarelle e, soddisfatti, ci fermiamo per pranzare.

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Lavoro finito? Nemmeno per sogno, ora viene il bello!
Raccogliere tutta l’attrezzatura sparpagliata qua e là, lavarla e…riportarla all’inizio del terreno, lottando con la forza di gravità!

La cosa più complessa rimane l’impastatrice: ci tocca spingerla a mano fino all’ingresso del terreno dove speravamo di trovare qualcuno con l’Ape per restituirla al legittimo proprietario, invece Enzo è costretto ad usare il suo trattorino per venire a prenderla.

Una faticaccia che, a fine giornata, si fa sentire!

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